mercoledì 7 agosto 2019

Leggo.

Mio papà aveva montato uno grosso scaffale nello sgabuzzino.
In basso c'erano le scarpe, una scatola foderata con carta da pacchi che conteneva le spazzole e il lucido per pulirle, i miei pattini, stracci per il pavimento, i detersivi.
E su su, vicino al soffitto, come una bella metafora, i ripiani con i libri.
Prendevo la scala e trascorrevo i pomeriggi appollaiata a leggere a 20 cm da una lampadina a filamento.
Più di tutto continuavo a guardare un libro di architettura di case alpine.
E Heidi. Lo ricordo come un libro spesso, magari dovuto alle mie manine piccole, la copertina tutta marrone di cartone. 
Per me era magia. Era magia riuscire a sentire il profumo del fieno e il sapore del formaggio fuso sul fuoco solo leggendo parole stampate su un foglio.
Leggevo leggevo leggevo.
Mi nascondevo con la torcia sotto le coperte per continuare anche quando avrei dovuto dormire.

Poi chissà cosa succede. 
Lo scorso anno. Iniziavo un libro e lo abbandonavo, due, tre. Uguale. Finché non ho smesso di comprarli. Ne ho impilati sul comodino alcuni che mi hanno imprestato.
Fino a qualche giorno fa.
Grazie a loro. Finiti in pochi giorni. Mi hanno riportato la voglia di leggere. E non si può immaginare quanto questo mi renda felice.





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