Aveva 11 anni il mio babbo quando nel 1954, assieme alla sua famiglia, lasciò casa e terre per prendere parte dell'esodo istriano verso l'Italia.
E' da allora che il mio cognome è cambiato, perdendo la "ich" finale.
All'arrivo a Trieste furono sistemati per una settimana in un albergo e poi furono accolti nel silos "La casa dell'emigrante" dove i miei nonni restarono per 13 anni, mentre babbo, dopo un mese, andò a vivere nel collegio della scuola a Villa Opicina.
Due dei suoi fratelli andarono in un'altra scuola (poi uno si trasferì in Germania), la sorella maggiore a vivere a Roma e poi emigrò negli Stati Uniti (dove vive tuttora), l'altra a lavorare come badante, gli ultimi due, fratello e sorella, si sposarono di lì a poco.
Babbo tornava dai genitori nei fine settimana. La casa dell'emigrante aveva le stanze divise da pareti di cartone, aperte nella parte superiore tanto che era impossibile non sentire i discorsi degli altri. Ogni modulo aveva la sua porta, mi ha detto il babbo. Di fronte a questi "box" (li chiamavano così) un lungo corridoio pieno di cucine a gas.
I lavandini tutti insieme, al fondo del corridoio, come nelle caserme.
I mobili finirono in un altro silos e non furono mai recuperati perchè erano stati inventariati con il nome della mia zia che era ormai andata negli USA (ma tanto, dice babbo, c'era roba di poco valore)
Dopo 4 anni andò a lavorare da un fabbro di Trieste per 4 mesi, poi andò a Brescia a fare delle selezioni e infine a lavorare a Torino.
Diciassette anni.
Affittava una stanza da due anziane signore, che siamo andati a trovare per anni quando ero piccola.
I miei nonni furono poi trasferiti in un campo profughi a Noghere, vicino a Muggia, dove la nonna visse per altri 10 anni.
Una spianata di cemento sulla quale erano state posate delle case di legno (divise ognuna per ospitare tre famiglie).
Morì lì il mio nonno, che non ho mai conosciuto. Nel 1969.
Anzi, morì in ospedale, di broncopolmonite.
La nonna andò, infine, a vivere in un paesino in provincia di Trieste, dove ne ho ricordo anche io.
Questa è parte della storia del mio babbo, che mi è stata ricordata ieri sera, visto che Domenica era “il Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano dalmata, delle vicende del confine orientale”
E adesso che sono in camera sua, seduta alla scrivania invasa da musicassette, dizionari e libri di ogni genere e lingua; le tende stropicciate; una pianta di basilico, un vetrino oscurato (per guardare le eclissi?), delle cuffie antirumore e degli appunti di filosofia sul davanzale; il comò sul quale stanno accatastati un puzzle di Escher, una scatola con scritto "Negativi di fotografie", il Vicks Vaporub, una candela al miele, pastiglie di aglio per la pressione, una busta trasparente con appendiabiti, libri, un barometro-termometro, una ciotola in argento con nonsocosa dentro, appunti, libri e ancora libri; un altro comò con lettere, fogli di appunti, foto, gommini per le sedie, scatola con elastici, scatola con rocchette di filo da cucire, candela profumata, opuscoli, fogli di excel stampati e riempiti a mano; due comodini in un angolo; macchina da cucire a mobile, sedie...
Adesso, dopo che questa sera mi ha ri-raccontato l'esodo, non riesco più ad arrabbiarmi per quel che vedo.
Perchè, in fondo, che idea di casa può averne una persona che una casa non l'ha mai avuta?
in una vita passata sarò stato anche io in esodo ?
RispondiEliminaTomas, hai una casa così incasinata??? Non ci credo!
RispondiEliminasigh lucy...! come fai a raccontare anche solo un disordine in questo modo? buona giornata!
RispondiEliminaio sono con la valigia aperta che medito... :P
Quando leggi una cosa come il tuo post poi pensi agli scazzi di certi politicanti di tutte le aree e ti trasformeresti nel Giustiziere della notte.
RispondiEliminaSi parla di memoria senza mai ricordare...
zzz
Enry... forse era un po' malinconico ma era semplice scriverlo lì, seduta alla sua scrivania...
RispondiEliminaCosa mediti? Barcellona ti aspetta! :-)
Zecche... vero, si parla di memoria senza mai ricordare. D'altra parte... mio papà mi diceva che noi da piccoli guardavamo una televisione svizzera per poter sapere cosa succedeva nell'est (Jugoslavia ad esempio). Una memoria storica molto ma molto selettiva.
Lucy sei meravigliosa
RispondiEliminaGrande Lucy...dopo aver traslocato qui, in terra irlandese, un po' emigrante mi sento anch'io...per fortuna, a differenza di molte persone del passato e del presente, dovrei riuscire a tornare, prima o poi...certo non si sa quando...soprattutto viste le elezioni imminenti... ;)
RispondiEliminaA presto!!!!!!
Wow Ica... addirittura! :-)
RispondiEliminaHehe... Sasà, tra due settimane ti porto le arance... :-P
Ieri ho ritrovato la mia camicia blu preferita...
RispondiEliminaIo sono un "emigrante errante". Ho perso l'idea di casa come posto fisso in cui tornare la sera. Non so più dove ho le cose. Tre case non proprio vicine sono un po' difficili da gestire.
Ormai in macchina ho due valigie: una che funge da armadio mobile, una più piccola per i viaggi di lavoro (e non) in aereo (W i bagagli a mano). Oltre a quelle ci sono anche due sacconi: uno di lino per la roba pulita da stirare, uno nero per la roba sporca da lavare.
In compenso ho tre lavatrici, tre armadi, tre spazzolini, tre pigiami, tre cuscini, tre di tutto, tranne le camicie...
Trovare qualcosa in tutto questo è un casino che è difficile anche da immaginare.
Attendo con ansia il cambio di stagione... :-(
PS
Nessuno ha un teletrasporto che le/gli avanza???
David, quello si chiama nomadismo (che poi è anche la mia situazione... )
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